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DOPING - Lettera aperta di un appassionato: «Corridori, siete carne da macello» Giovedì 7 ottobre 2010 - Riceviamo e volentieri pubblichiamo Egregio Direttore, È un pezzo che Le voglio scrivere ma ho sempre sperato che qualcosa si muovesse. Mi riferisco al caso Pelizotti. Questo atleta è da 7 mesi che è in balia di un regolamento assurdo e nessuno a parte il suo team e il medico Corsetti, mi sembra di capire, ad oggi ha preso posizione su questo caso. Ne la Federazione Ciclistica Italiana, con gli organi preposti ne i vari sindacati di categoria: vedi Accpi (Associazione Corridori Ciclisti Professionisti Italiani) e Cpa (Cyclistes Professionnels Associés) rispettivamente presieduti dall'avv. Colombo e il sig. Gianni Bugno. Ora, io mi chiedo, a cosa servono quest'ultime due classi se non fanno valere la propria autorità in queste occasioni? Essendo dei sindacati di categoria non dovrebbero tutelare i loro associati da regolamenti irriverenti? Ma quando l'Uci istituisce dei regolamenti coloro che dovrebbero tutelare sugli interessi dei ciclisti dove sono? Magari al bar a prendere l'aperitivo? O forse al cinema a vedere un film? Come è possibile che nessuno dei diretti interessati (ciclisti professionisti) chieda spiegazioni dell'operato alle varie associazioni? Mi sembra che la maggior parte di essi abbiano la licenza media superiore e quindi non stiamo parlando di gente analfabeta. Per non dire del Coni: è inconcepibile che un Tribunale fissi la data dell'udienza del processo e poi la sposti di un altro mese giustificandosi con un "motivi d'ufficio". Consideriamo che in gioco non c'è il pagamento di una multa per guida senza cinture. Ritengo che questo disdegno nei confronti della classe ciclisti da parte degli enti politici di categoria sia dovuto soprattutto dall'inetto comportamento degli stessi: pagano per un servizio (se non erro: versano una percentuale del loro stipendio, premi e quota associativa annuale) per niente; quando potrebbero benissimo esercitare qualsivoglia pressione nelle istituzioni per ottenere maggiore rispetto ed evitare di essere vittime di situazioni bizzarre come lo è Pelizotti. Ma che prendano esempio dai loro colleghi calciatori. Come scioperano quando gli organizzatori sbagliano, tracciando percorsi pericolosi, che inizino a scioperare quando dei regolamentibislacchi mettono a repentaglio la loro carriera. Ma prima che succeda il caso. Poi non si riesce a capire come mai un caso simile, vedi Tadej Valjavec, in Slovenia in tre mesi sia stato risolto dalle autorità sportive (sottolineiamo: in modo positivo per l’atleta) mentre qui in Italia dopo 7 mesi ancora non si sa che fine farà il povero Pelizotti. Ritornando a monte del problema: Pelizotti viene messo alla gogna per due picchi dei valori ematici registrati nel passaporto biologico: il primo risalente a novembre 2008 e il secondo a luglio 2009. Con le tempistiche del caso: Sospeso da fine aprile e tutt’ora in attesa di giudizio per effetto del regolamento sul passaporto biologico. Ricordiamo che i parametri di ogni atleta vengono messi al giudizio di nove saggi in forma cieca i quali emettono un parere. Come mai l’Uci si incattivisce nei confronti di un atleta quando su nove medici luminari, sei si astengono o danno parere negativo contro i tre di parere positivo? Sbaglio o siamo in presenza di una maggioranza netta? Ma soprattutto perché in questo sistema giustizialista il Cpa e Accpi non mettono becco? Soffrono forse di sudditanza psicologica nei confronti dell’Uci? O forse sono li per mangiare la pagnotta e farsi gli affaracci loro? Non voglio entrare nel merito del passaporto biologico, giusto o sbagliato che sia, ma forse il procedimento di sospensione e le tempistiche per assodare se un tal soggetto ha fatto uso o no di sostanze o pratiche dopanti si. Spero che la mia lettera fomenti qualcosa nell’ambiente del ciclismo e che gli atleti capiscano che si devono dare una mossa. E’ ora che si facciano rappresentare da gente competente, non da imprenditori o piloti di elicottero o ex ciclisti, altrimenti nel giro di qualche anno diventeranno carne da macello se non lo sono già! Non vadano poi in giro a commiserare se stessi perché sono autori del loro stesso male. Scusate per lo sfogo (PP)
IL CASO - L’intervento: «Assurda la maglia azzurra a chi ha avuto problemi col doping» Lunedì 28 settembre 2009 - Saluto la redazione di Ciclonews! Sono Francesco Padoin corridore dilettante Under 23 tesserato per il Team Spercenigo. Ieri ho visto il mondiale dei prof e quando verso il finale della corsa è scattato Vinokurov, mi è venuto da sorridere perchè ho pensato: "L'ennesimo carico che ritorna a correre!!" Io sarei per la radiazione! A questo punto mi è venuta in mente una riflessione sul doping e sulla nazionale italiana... Questa è una mia nota PERSONALE alla quale magari non tutti potrebbero essere d'accordo.. Titolo: Mendrisio 2009 una nazionale con due ex dopati BELL'ESEMPIO DI LOTTA AL DOPING. Si parla sempre di lotta al doping, ricerca di valori morali ed etici per riscoprire uno sport sano e belissimo com'è il ciclismo..e cosa si fa? Niente!! Ognuno fa le sue scelte, come il ct Ballerini. Ma a mio avviso se si vuole iniziare a combattere la piaga del doping non si devono convocare ciclisti "sporchi" che si sono presi squalifiche per prodotti illeciti e sono stati squalificati per doping, come ad esempio Basso e Scarponi. Senza nulla togliere a queste due persone che hanno scontato la loro pena, penso che la convocazione in nazionale se la sarebbero potuta meritare atleti dello stesso valore - mi viene in mente Tiralongo alla Vuelta 8° in classifica generale - ma con una fedina pulita. Perché allora convocare due atleti che hanno avuto problemi con la giustizia sportiva per portarli al mondiale? Non mi sembra il massimo della lotta al doping...anzi un premio per questi soggetti?? Dove si vogliono ritrovare quei famosi valori etici e morali di cui tanto si parla?? Già un primo passo sarebbe non convocare in nazionale gente squalificata per doping! Ma se sembra già difficile fare questo penso che la "lotta al doping" sia solo un pensiero e non un fatto concreto, un discorso con l'introduzioe e... basta! A discapito di chi si allena e cerca di andare al massimo delle proprie capacità, ma pulito! BELL'ESEMPIO! Francesco Padoin
A PROPOSITO DELLA MORTE DEL CALCIATORE PUERTA Mercoledì 29 agosto 2007 L'improvvisa morte del giovane calciatore Antonio Puerta è stata un brutto colpo per lo sport. Cosa ci insegna?
Quando nel ciclismo creano dei dubbi, spesso ancora senza dati precisi, subito si abbatte una bufera "pilotata" per denigrare. Quando il calcio invece ne combina di cotte e di crude contro il Fisco, gli Enti previdenziali, la buona fede dei tifosi, i mondiali con l'Australia "Buttata fuori con un rigore inesistente", contro la gioventù della nazione che viene indotta a credere solo nei soldi, nel guadagno facile, nelle femmine da vetrina....nessuno fiata....! Presidenti di Società che lo fanno di professione....Muore Antonio Puerta, pace all'Anima sua e rispetto nei confronti della morte e dei suoi misteri che solo Dio sa e che si prenda presso di se questo ragazzo spagnolo. Ma dico, nemmeno questa morte schioda certe menti? nemmeno questa morte... solo per il ciclismo c'è il doping?.... Signori, a quando i controlli antidoping anche per gli arbitri?.... Per cortesia, "Pari opportunità" e per favore ma basta con questi pallonari... Allora, come la mettiamo col doping....col povero Puerta?....Col Siviglia che l'anno scorso aveva i giocatori che correvano più veloci di Pietro Mennea alle Olimpiadi di Roma?.....
Vito Bernardi
LE NUOVE FRONTIERE DEL CICLISMO SU STRADA Agosto 2007
PREMESSA Il ciclismo agonistico su strada ha ampi margini di crescita perchè sà armonizzare il passato, il presente ed il futuro,và oltre la tirannia del motore senza rinunciare al fascino della velocità, del coraggio e dell’avventura. Il vero problema non è il doping, comune in tanti altri sport, ma la mancanza di idee dei signori che lo gestiscono. La società è profondamente cambiata meno che il ciclismo, questo è veramente paradossale! Il risultato è che il Giro, il Tour, la Vuelta, il Mondiale e qualche Classica blasonata vivono di luce propria ma per gli altri eventi solo qualche “trafiletto” che non paga certamente i tanti sacrifici. Il rischio? La totale implosione del movimento, di quello minore in particolare, causato dalla potenza organizzativa di tre società per azioni che potrebbero autogestirsi alla faccia dell’U.C.I. OBIETTIVO a) Uscire dalla confusione fra U.C.I. ed Organizzatori, Squadre piccole e grandi, corridori, doping. b) Dare ai corridori la centralità che meritano. c) Proporre ai giovani un ciclismo agonistico su strada più adatto alle loro mutate abitudini. d) Offrire al pubblico presente,protagonista quanto i corridori,uno spettacolo visibile e vivibile. PROPOSTE 1 GIOVANI (adolescenti intorno ai 15 anni).Tanti interessi,poco tempo a disposizione. Gran parte praticano sport in luogo chiuso e della durata massima di 2 ore. Questo ciclismo non li coinvolge.E’ importante ripartire dai punti d’incontro in ogni municipio o comune per comunicarsi la loro passione per la bicicletta.Chi non ricorda il piacere di sfidarsi Sulle strade vicino casa! 2 CICLODROMI e CIRCUITI BREVI. Bastano poche strade asfaltate scarsamente trafficate da chiudere anche a tempo e gestito dalla società sportiva. Tutte le gare che non si sviluppano in linea come la Milano-S.Remo ecc.,dovrebbero svolgersi o concludersi in circuito per favorire il pubblico presente.Quanto alla lunghezza questo non dovrebbe superare i 5 km. 3 ARMONIA. Tutte le componenti del ciclismo devono evitare pazientemente l’autogestione,fonte primaria di conflitti.Ognuno deve fare un percorso di crescita nel proprio ambito ed avviare un coordinamento efficiente.In particolare: -l’U.C.I. deve snellire i regolamenti,uniformare i punteggi assegnati nelle varie gare ed evitare l’ingessamento europeo dell’attività. -gli organizzatori sono chiamati a rinnovare il ciclismo in piena autonomia. -l’associazione dei corridori deve chiedere più rispetto a chi nonostante tutto è il protagonista dell’evento. -le società sportive per far crescere il ciclismo in modo menageriale. -tutti per favorire il principio di rotazione meritocratica con parametri condivisi. 4 RIDURRE. Meno chilometri di gara,meno ore di gara(al massimo 4 ore),meno giorni di gara, meno trasferimenti durante le corse a tappe,meno metri di dislivello nei tapponi. Più umanità,più ritmo,più spettacolo. 5 SICUREZZA. Dire che il ciclista è la vera vittima del sistema non è un’assurdità!Basta vedere i cerotti sul corpo dei partecipanti all’ultimo Tour. Gli organizzatori,anche quelli più noti,fanno poco su questo fronte.Meno ancora l’associazione dei corridori che dovrebbe pretendere più rispetto per i propri assistiti. Sono convinto che sia giunto il momento d’inserire la figura dell’Ispettore di percorso. 6 AUTOGESTIONE. Chi non ha la fortuna di ricevere i soldi dagli sponsor più conosciuti o dai Diritti televisivi rischia ogni anno di non realizzare l’evento. L’organizzatore deve lavorare in modo professionale,offrendo uno spettacolo degno di essere vissuto dietro il pagamento del biglietto d’ingresso. 7 DOPING. Esiste per una serie di ricatti,falsità e connivenza.Tante chiacchere ,tanti squallidi personaggi ed a pagare solo il ciclista.Ci sono tante argomentazioni per urlare ingiustizia. Mi auguro che si faccia avanti qualche capace avvocato per chiedere di: -depenalizzare l’uso di sostanze dopanti visto che trattasi solitamente di frode sportiva perchè,danneggia gli avversari ed il proprio fisico.Solo se nella gara è inserito il gioco scommessa o trattasi di spaccio allora dovrebbe scattare il reato penale. -bandire ogni controllo al di fuori di quelli previsti al termine della gara.Non è assolutamente accettabile che nessuno si ribelli verso la normativa che prevede la reperibilità in ogni momento del corridore.E’ una vergogna.Meglio fare il lavavetri che rinunciare alla propria privacy. Lo stesso dicasi per le plateali invasioni negli hotel. alle 6 del mattino. E’ fondamentale invece,che si nomini un’organismo valido per tutte le nazioni,fornito di laboratori di ricerca e d’indagine per dare risultati precisi e tempestivi. La procedura punitiva và semplificata come segue: a)la prima volta che l’atleta incappa nella positività del doping và perdonato solo se confessa e rivela il nome di chi gli ha fornito la sostanza,altrimenti si prende due anni. b)alla seconda positività,radiazione dell’atleta senza tanti rimpianti. c)gli ex dopati,infine,dovrebbero impegnarsi per convincere i giovani a non farlo mai! NB:basta con le malattie che giustificano l’assunzione di certi farmaci.Chi stà male si cura a casa altrimenti esce dal mondo delle corse visto che nella vita ci sono tante belle cose da fare. 8 PRO TOUR. Una bella idea,sviluppata in modo superficiale,che soddisfa pochi e danneggia molti. Non si devono selezionare così tante squadre sulla base della loro forza economica ma permettere a tutti gli aventi diritto di crescere guadagnando i punti nelle gare. 9 CAMPIONATO DEL MONDO. Un grande evento da non perdere ma solo da modificare! Meno chilometri totali(al massimo 200),meno km per giro(al massimo 8). Il mondiale và effettuato prima del Tour per consentire alla squadra del corridore vincente di presentarlo nelle altre gare della stagione e non alla fine. 10 BICICLETTA. Và liberalizzata la creatività artigianale. L’U.C.I. deve solo verificare che la bicicletta sia conforme ai dettami di sicurezza attraverso vari test.L’evoluzione tecnica del mezzo fa’ parte della crescita del movimento! 11 ASSOCIAZIONE DEI CORRIDORI. Mi sembra inesistente o quasi,capace di condannare il ciclista dopato senza chiedersi perchè e come.Ci vogliono persone appassionate e competenti, in grado d’ interloquire con gli organizzatori e le squadre. Si fa’ poco sul fronte della sicurezza,dei diritti economici ed assicurativi del ciclista,del rispetto della persona con la sua famiglia. Nemmeno chi sta agli arresti domiciliari è schiavo come il ciclista. Vergogna! 12 CICLISTA. Merita rispetto anche in questo momento che il fango del doping gli deturpa l’immagine.E’ l’eroe dei nostri tempi ed il pubblico lo sa’ perché rischia tanto per farci sognare!
Gianfranco Di Pretoro (gianfrancodipretoro@tiscali.it)
ANCHE LANDIS DOPATO: STANCO DI SENTIRE E VEDERE PERSONAGGI CHE INFANGANO IL CICLISMO Venerdì 28 giugno 2006 - Signori e signore, bambine e bambini, belli e brutti, mi sono stancato; no non è un l'effetto della Bolla Africana che ci fa stare a 40° anche sul Monte Bianco, è la conseguenza della malattia dello sport intero, che qualcuno pensa sia solo del ciclismo; avete capito bene: mi sono stancato di sentire e vedere personaggi che infangano uno sport stupendo come il ciclismo. Così, adesso, ho deciso di gettare quella maschera di ipocrisia che chi fa informazione deve usare per fare finta di non capire, di non vedere che certi "numeri" non appartengono al regno umano, ma solo a quello dei superuomini; il che equivale a dire che certe vittorie eclatanti, certi risultati clamorosi non sono altro che l'effetto di una manipolazione farmaceutica degli atleti. Bisogna dirlo, perchè qualcuno non si inventi di osannare ancora qualche ciclista, ma preferisco dire atleta perchè è un problema che riguarda tutto lo sport, che stravince oltre ogni possibile immaginazione. Si bisogna che la gente sappia che per fare un giro a tappe e reintegrare le energie spese non basta mangiare una coppa di macedonia alla fine di ogni tappa, come sostiene l'innocentista Cassani in tv; bisogna dire che il lavoro di medici, preparatori, allenatori, maghi o ritenuti tali, inizia quando gli atleti terminano la gara, è allora che si iniziano a fare flebo senza pietà, perchè domani è un'altra tappa, perchè dopo un Giro ne inizia un'altro e perchè se vuoi sopravvivere con il ciclismo devi vincere, altrimenti addio contratto. Ah, eccolo il problema, ancora i soldi, quelli che hanno comprato arbitri, venduto giocatori, falsato analisi ematiche e controlli antidoping, corrotto centri di potere e personaggi influenti pronti a chiudere non uno ma anche due occhi per qualche mazzetta. Ma tornando agli atleti, si proprio loro, se vincono un Giro d'Italia o un Tour de France sono licenziati perchè dopati, se lo perdono sono licenziati lo stesso perchè sono degli incapaci. Mi viene da ridere ripensando alla teoria che andava in voga quando nel 98 ci fu l'Affaire Festina: "Sono solo delle mele marcie", qualcuno ancora ci vuole credere seriamente? Credo che se si deve individuare qualcosa di marcio, questo non sia il frutto ma il tronco dell'albero. Allora forse è il sistema che non va, forse non sono gli atleti che si divertono a bucarsi, forse, se invece di osannare solo il primo, di far valere solo la vittoria, si rivalutasse l'insegnamento Decoubertiano, dico forse, si potrebbe assistere a spettacoli più reali. Perchè ormai lo sport professionistico è solo spettacolo, non contano più i valori tecnici, contano i dati dell'audience. Ma allora proviamo a guardare più in basso, dove non ci sono i dati di ascolto a dettare legge, proviamo ad analizzare il mondo dello sport dilettantistico. Volete il risultato? Il risultato è una emulazione completa e forse più pericolosa di quanto accade nel mondo professionistico; perchè certi ragazzi dai 16 ai 25 anni devono essere sottoposti a flebo per correre in bici? dov'è andata la sana attività fisica? vogliamo fare sport ai ragazzi per allontanarli dalle brutte compagnie, per insegnare loro che nella vita i traguardi si raggiungono solo con sudore e fatica e poi diamo loro la scorciatoia per giungere alla vittoria evitando rinunce, allenamenti e fatica...mi pare giusto no? Per trovare valori veri, bisogna scendere fino alle categorie allievi, esordienti dove ancora lo sport dovrebbe essere divertimento, ma di questo passo per quanto sarà ancora così? Ebbene, se il cambiamento ci deve essere, e non voglio neanche pensare alla eventualità che le cose non cambieranno mai, che cambiamento sia, ma che venga dal profondo, che crei una mentalità nuova, non solo nel ciclismo, non solo nello sport ma nella società intera, perchè si valorizzi anche la sconfitta e non solo la vittoria. Antonio Rossi
Vertova (Bg) - 7 maggio 2006 - Sproniamo i nostri ragazzi a praticare lo sport a fare di questa o di quella disciplina una metafora della vita dove i valori come il rispetto, l’uguaglianza, la lealtà, l’onesta e l’amicizia ne siano i cardini.
Sembra l’introduzione del vangelo del ciclismo. Appoggiamo i giovani nella passione, aiutiamoli a crescere nello spirito giusto di una sana competizione, libera da qualsiasi tipo di discriminazione. Pari difficoltà, uguale fatica e medesimi onori indipendentemente dal sesso. Arduo il compito per chi è genitore di una fanciulla che ha scelto di praticare questo sport. Con impegno e sacrificio, lo stesso che ci mettono i loro compagni d’avventura, le ragazze ogni settimana si allenano, si preparano, rinunciando a parte del loro tempo libero per poi la domenica misurarsi con altri ragazzi e ragazze avversari. Unica sostanziale differenza è il riconoscimento dei loro successi per piccoli o grandi che essi siano. Il mondo del ciclismo, soprattutto quello giovanile, manovrato da una mentalità maschilista, non è ancora sufficientemente maturo per accettare che anche la categoria femminile ha fatto grossi progressi. È migliorata la qualità e il risultato della prestazione stessa, tanto da porre sempre più sovente atlete femminili davanti ad atleti maschili. Se una ragazza si stacca, teme il gruppo, sbaglia la volata si commenta sostenendo che in fondo le femmine sono così, includendo un’intera categoria di giovani cicliste che al contrario ci mettono impegno e passione. Se un ragazzo assumesse lo stesso atteggiamento si giustifica dicendo: -non importa deve ancora crescere e maturare-. Ragazze deluse e stanche di essere ignorate hanno preferito rivolgere le loro capacità altrove, rinunciando a coltivare la passione per il ciclismo. L’amarezza di scoprire che si è state escluse da un ordine d’arrivo assoluto, dove la loro abilità le aveva anteposte a qualche maschio, non fa altro che condurre all’atrofia del movimento ciclistico femminile. Come giustificare la ben nota differenza di valore dei montepremi nelle premiazioni, il boicottaggio verso un’atleta che con onore ha conquistato un traguardo a lei ingiustamente precluso, sostenendo che è stata vittima di un errata forma. Ho posto a diverse persone questa domanda, ma la risposta è sempre stata vaga e molti si sono riempiti la bocca di comoda retorica. Abbiamo di fronte agl’occhi un fiore che sta appassendo. Il ciclismo femminile ha bisogno di essere incoraggiato, spronato a diventare sempre più competitivo. Non avere pregiudizi, non fare differenze, sarebbe un buon inizio! Monica Lo Verso
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