Roma - lunedì 14 gennaio 2008 - "Il 2008 sarà un anno intenso, molto attivo e il nostro obiettivo è quello di portare avanti la nostra battaglia senza alcuna voglia di colpire indistintamente gli atleti. Non credo che la procura stia esagerando, sta facendo bene il suo lavoro che è quello di colpire tutti coloro che ricorrono al doping e soprattutto coloro che somministrano le sostanze". Ettore Torri, capo della Procura Antidoping del Coni, intervenuto nel corso de La Politica nel Pallone, su Gr Parlamento, difende il suo operato e sottolinea come "la nostra attività sia servita a svegliare il mondo dello sport su questo problema. Non mi illudo che si possa sconfiggere definitivamente il doping ma credo che sia stato già fatto un bel passo avanti". Quando però si parla di sostanze proibite, a finire spesso nel mirino della Procura ci sono i ciclisti. "Noi agiamo sempre - evidenzia Torri - sulla base di riscontri positivi effettuati attraverso controlli sangue-urine o sulla base di denunce, testimonianze, operazioni penali e nel maggior numero dei casi si tratta del ciclismo. Ma questo non vuol dire che non cerchiamo di perseguire tutti i casi negli altri sport, pensiamo al caso Gibilisco". Parlando per esempio del calcio, il procuratore antidoping lo descrive come "un mondo un po’ particolare, è lo sport in cui è effettuato il maggior numero di controlli. In tutte le partite di serie A e B e in quasi tutte quelle di C1 vengono controllati quattro atleti, due per ogni squadra, un numero notevolissimo. E i casi in cui viene riscontrata una positività rappresentano una percentuale minima". Poi il capo della Procura Antidoping del Coni fa il punto sul nuovo filone dell'inchiesta italiana legata al ciclismo relativa allo scandalo doping emerso grazie all'indagine della Guardia Civil spagnola. “Dopo aver perseguito e punito gli atleti italiani coinvolti nell'Operacion Puerto, abbiamo ora rivolto la nostra attenzione ai medici e agli atleti stranieri che sappiamo aver frequentato questi studi e che potrebbero aver assunto sostanze vietate: quello che possiamo ottenere è inibire coloro che verranno ritenuti responsabili dallo svolgimento di attività sportive in Italia. Abbiamo ora bisogno di ottenere la documentazione dalle autorità giudiziare spagnole, sentire tutti questi atleti ed eventuali testimoni e trarre le nostre conclusioni - continua - Finora in Spagna nessuno ha subito conseguenze nè disciplinari nè penali, è evidente. Hanno a disposizione tutte le carte ma la loro inerzia è stata colpevole. Ci sono molti atleti ben noti, penso agli spagnoli Contador e Valverde, in piena attività e che hanno potuto fare anche il campionato del mondo". Il procuratore antidoping, che sottolinea come anche "altri Paesi si siano un po’ mossi, vedi la Germania", spiega comunque che "non è esatto parlare di riapertura perché la nostra inchiesta non si è mai fermata e ha avuto sviluppi importanti con le squalifiche di alcuni atleti (Basso, ndr). E' stato aperto un nuovo fronte per colpire, raggiungere con le nostre decisioni anche i medici e gli atleti stranieri che in questo caso sono rimasti coinvolti e nei confronti dei quali non si era potuto fare nulla". "Ci proponiamo di colpire e inibire da ogni attività sportiva - prosegue Torri - i medici, i preparatori e tutti coloro che sovraintendono alla preparazione degli atleti, sono loro che fanno male allo sport. L'atleta non nasce dopato, lo diventa quando è affiancato da queste persone che lo convincono a prendere sostanze che sono dannosissime per la salute". Per il procuratore antidoping gli atleti "sono quasi delle vittime di questo sistema che per poter emergere vengono convinti che è indispensabile prendere sostanze che aiutano a migliorare le prestazioni sportive". Torri, poi, spera che "i primi interrogati siano i medici, Eufemano Fuentes e Merino Batres.
Vorrei ascoltare personalmente queste persone, potrei anche sentirli in Spagna altrimenti passeremo al sistema delle rogatorie". |