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10/03/2010
DOPING - Caso Bani: il Tna rigetta l'istanza di sospensione della squalifica
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Roma - mercoledì 10 marzo 2010 - Il Tribunale Nazionale Antidoping, presieduto da Francesco Plotino, nel procedimento relativo all'istanza di sospensione della squalifica presentata dall'atleta Eugenio Bani, rilevato che, con decisione del Tna emessa il 17 dicembre 2009, è già stato riconosciuto all'atleta il beneficio della collaborazione fattiva con riduzione del periodo di squalifica per 3 mesi, ritenuto che non sono emersi fatti nuovi, sia in sede sportiva che in sede giudiziaria, che giustifichino una sospensione della squalifica in aggiunta alla diminuzione della sanzione già concessa, visto l'articolo 10.5.2 del Codice Wada 2009, rigetta, allo stato, l'istanza predetta, fermo restando il diritto dell'atleta di riproporla qualora emergano fatti nuovi.
Repubblica.it - Nessuno sconto, nessuna riduzione di pena. Neppure un piccolo riconoscimento della buona volontà e della collaborazione nelle indagini doping. Il Tribunale Nazionale antidoping del Coni ha respinto l'istanza di sospensione fatta da Eugenio Bani, il corridore junior trovato positivo alla gonadotropina corionica (un ormone che stimola la produzione di testosterone, l'ormone della forza) ai campionati italiani di categoria nel giugno scorso. Il giovane atleta, dunque, dovrà scontare per intero i 21 mesi inflittigli nel primo giudizio.
A nulla è valsa l'ultima audizione presso la Procura Coni, al termine della quale si era ricavata l'impressione che si potesse aprire uno spiraglio. "Fu lo stesso Torri a suggerire di presentare questa istanza - racconta Fabrizio Bani, il padre del corridore, deluso e amareggiato - poi davanti al tribunale ha addirittura sostenuto che i tre mesi di sconto già avuti per la collaborazione erano forse addirittura troppi". Per il Tribunale gli elementi di novità apportati nell'ultima audizione non sarebbero stati sufficienti per portare ad ulteriori deferimenti di atleti o dirigenti, dunque non si sarebbe potuto procedere diversamente. Resta l'amarezza di una decisione che non premia minimamente chi, sia pure scottato da una brutta vicenda, ha poi dimostrato il massimo possibile di collaborazione e di disponibilità nel corso delle indagini. Anche se, secondo ambienti vicini alla Procura Coni il respingimento dell'istanza non sarebbe defintivo: "Ci sono due procedimenti ancora aperti - fanno sapere dal Foro Italico - uno sportivo e uno penale e nulla vieta di ripresentare in futuro la richiesta, se emergessero fatti nuovi".
Il messaggio che passa è che rimpinzare quasi quotidianamente di pasticche, siringhe, ferro, vitamine, "reintegratori" vari giovani atleti di 17-18 anni che di nulla avrebbero bisogno se non di una sana e corretta alimentazione e di ritmi "naturali" di recupero è perfettamente corretto. Anche se tutti sono consapevoli che abituare psicologicamente il giovane atleta che ogni prestazione sportiva debba essere "sostenuta" con la farmacia, sia pure rimanendo nel campo de lecito, può essere l'anticamera di altre e più compromettenti pratiche. Davvero non c'era modo di dare un segnale diverso? In fondo bastava poco e qui parliamo di giovani dilettanti che non dovrebbero essere trattati come professionisti, ma che, invece, finiscono per diventare veri e propri "polli da batteria". "E' così che si fa la lotta al doping?, si chiede il padre di Bani. Non è compito del Tribunale fare questo tipo di valutazioni, avrebbero spiegato nell'ultima audizione. Anche se prima della sentenza la Procura aveva sentito altri compagni e dirigenti della squadra che Bani mette sotto accusa: "Io non ho preso nulla. Loro mi davano di tutto". In particolare uno, che aveva avuto anche problemi di salute. "Molti - dice il padre di Bani - sono ancora in quella squadra e sono arrivati scortati dai dirigenti... Chi vuol capire capisca: è una squadra forte, potente, conosciuta...".
Nella vicenda ha probabilmente pesato il fatto che Bani sia stato tesserato attualmente per la formazione "prof" di Ivano Fanini, uno che pur lottando da anni strenuamente contro il doping è visto inspiegabilmente (o forse troppo spiegabilmente) negli ambienti federali e del Coni come il fumo negli occhi. Tempo fa, scambiando due chiacchiere con un personaggio di peso di quell'ambiente che frequenta l'ambito cicloamatoriale ci è capitato di sentire frasi del tipo: "Vedrai quel Bani lì e quel Fanini lì come andranno a finire; altro che riduzione della pena". Il che non giova certo all'immagine e alla credibilità di tutto il sistema. "Credo che il caso di Eugenio sia diventato scomodo per tanti - aggiunge - e alla fine paga sempre solo l'atleta perché evidentemente non c'è una vera volontà di andare a fondo al problema. Eugenio si è esposto con coraggio, ora è solo, isolato da un mondo che, lo sappiamo, è profondamente omertoso e vendicativo e il suo coraggio non è servito a nulla. Questa sentenza equivale a dire: ragazzi dopatevi, prendete quello che volete". (Eugenio Capodacqua)
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