Roma - giovedì 8 aprile 2010 - Che ci sia da intervenire seriamente nel settore giovanile emerge come necessità assoluta anche a livello internazionale, perché il doping nel ciclismo giovanile è ormai una piaga diffusa. Lo prova l’ultimo episodio rivelato da Pierre Bordry, capo dell’Afld l’agenzia francese antidoping. Alcuni corridori della formazione ucraina che partecipava all’ultimo Tour de l’Avenir (la massima competizione internazionale riservata ai giovani), fermati per detenzione e uso di sostanze doping, hanno confessato durante il periodo di “garde a vue” (arresto) che loro erano tutti dopati e in particolare con l’epo, ma le analisi risultavano ugualmente negative per molti “perché gli atleti che assumono questi prodotti lo fanno con un protocollo studiato apposta per eludere i controlli". “C’è un kit personale per ciascun atleta”, avrebbe rivelato un corridore, un programma di farmaci da assumere personalizzato che permetterebbe di doparsi in barba ad ogni controllo. ”Si usano più prodotti - ha spiegato Bordry - che hanno effetti minimi ma convergenti. Cioè si bada nella somministrazione che non si superino i livelli per cui si può risultare positivi e questi protocolli così scientifici e astuti non sono certo pensati da atleti di 18-20 anni; dietro, dunque c’è un’organizzazione molto potente e efficace”. Cioè vere e proprie bande che forniscono agli sportivi i protocolli per doparsi senza essere beccati. “Una rete che va al di là della positività degli ucraini a Besancon, che è vasta, ramificata e molto più efficiente del passato perché gli interessi economici nello sport diventano ogni giorno sempre più importanti e fare i risultati conta tantissimo, specie quando l'atleta è giovane. Questa rete è stata cerata soprattutto per il ciclismo, ma adesso non opera solo in questo sport”. Un segnale ed un allarme che dovrebbe far riflettere i gestori dell'antidoping mondiale che concentrano l'attenzione sopratutto sulle fasce di vertice e tralasciano quasi completamente il settore giovanile. Che è il più debole ed indifeso. Cosa mai può ribattere un atleta che aspira a fare carriera nello sport ad in dirigente di società che gli dice: assumi questi farmaci tanto non ti beccheranno? Bordry è un fautore del cosiddetto passaporto biologico. Ma se le cose stanno come dice sarebbe arrivato il momento di allargarlo anche alle categorie giovanili. Magari cominciando con semplici e più economici test di screening generalizzato. Ma qui da noi, ad esempio, invece di perfezionare ed ampliare i controlli si eliminano i test. Come quello della ferritina rivelatore di eventuali trattamenti di epo che le squadre giovanili non sono più tenute a mettere nelle cartelle cliniche degli atleti. (Eugenio Capodacqua - sportpro.it)
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